a cura di Juan E. Vecchi
Una riflessione sui C.G.S. offre molteplici linee di sviluppo. La formulazione del tema particolare affidatomi, chiede di soffermarmi e di chiarire il rapporto e il collegamento tra gli obiettivi e le vie concrete, che i Cinecircoli Giovanili Socioculturali stanno maturando, e il Progetto d’intervento che guida l’azione dei Salesiani.
Mi sembra che la comprensione totale, anche se non esaustiva, del tema ruota attorno a queste tre domande:
* Quali sono le scelte che qualificano il Progetto Pastorale Salesiano.
* Come i C.G.S. s’inseriscono in questo Progetto; a quali condizioni lo arricchiscono e concorrono a farlo possibile.
* Quali conseguenze e linee di progresso sorgono da questo accostamento.
1. Il Progetto
Per definire bene a che livello di concretezza e con quali elementi lavoriamo, è necessario precisare la portata del termine stesso.
Un “Progetto” d’intervento educativo non è una teoria sull’educazione e nemmeno soltanto una politica educativa. Questi due elementi sono forse alla base e ispirano un progetto. Ma il progetto cala in un contesto concreto le ispirazioni o indirizzi che una teoria suggerisce. E’ una scelta d’indirizzo ideale, ma allo stesso tempo un calcolo di condizioni, una combinazione di possibilità reali, una ricerca di risultati previsti: insomma una congiunzione di scelte di valori, conoscenza scientifica e fantasia creatrice. Il progetto si misura sempre col reale.
Le scelte fondamentali che danno senso e coerenza alle attività o iniziative particolari e alla cui luce se ne confronta e valuta il reale valore, sono le “finalità” del progetto, cioè verso che punto ci si intende muovere, la modalità generale degli interventi, le aree umane in cui ci collochiamo, le caratteristiche di stile, le dimensioni o aspetti attorno a cui si coagula non tanto la totalità degli interventi, quanto la completezza di questi interventi.
2. La finalità: l’evangelizzazione
La finalità dell’azione e dei progetti salesiani è l’evangelizzazione. Questo vuol dire concretamente che l’immagine di uomo che ispira gli interventi è quella che risulta dalla rivelazione avvenuta in Gesù Cristo. Rivelazione di Dio e rivelazione della vera dimensione dell’uomo e della sua vocazione.
La finalità è nell’azione un principio di totalità e di gerarchia. Indicando che la finalità è “pastorale” si dice che l’apertura al trascendente, al religioso, anzi al cristiano, è la prospettiva ultima di ogni intervento, anche se ogni intervento viene apprezzato nel suo valore e significato proprio, e non viene strumentalizzato al religioso.
E’ anche un principio di gerarchia d’interventi, in quanto gli aspetti che integrano l’azione e la scelta tra diverse possibilità vengono gerarchizzati dalle loro capacità di far crescere gli uomini “in Cristo e nella Chiesa”. L’idea del Progetto è nata nel CG21 che ha svolto il tema “I Salesiani evangelizzatori dei giovani”. Il Rettor Maggiore nel discorso-programma alla chiusura, ha posto come primo obiettivo di ogni nostro intervento: portare il Vangelo ai giovani (cfr. CG21 564-576).
La chiarezza con cui esprimiamo la finalità non ci fa perdere di vista né le diverse vie e modalità secondo cui si raggiunge questa finalità, né una certa difficolta di linguaggio per coloro che si propongono d’intervenire nella dinamica d’una società pluralistica e secolare. Il termine “pastorale” non va confuso con “clericale”; l’evangelizzazione non va identificata con “proselitismo”, “strumentalizzazione”. Esprime piuttosto la “scelta” di valori cristiani che viene sancita anche nello statuto dei C.G.S. all’articolo 2: “L’Associazione, fedele all’ispirazione cristiana, fa proprio il Sistema Educativo di Don Bosco”.
La riflessione portata avanti nella Chiesa nell’ultimo tempo, ha chiarito che anche se “evangelizzazione” in senso stretto è l’azione specifica di annuncio di Cristo, l’itinerario di questo annuncio comprende anche tutti gli interventi che preparano e dispongono pedagogicamente gli uomini ad accoglierlo. “Nessuna definizione parziale e frammentaria può dare ragione della ricca, complessa e dinamica realtà com’è quella dell’evangelizzazione senza impoverirla e persino mutilarla” (EN 17). Non sarebbe di scarsa importanza accostare l’ispirazione cristiana in cui si riconosce l’Associazione alla missione evangelizzatrice che in questo momento coinvolge tutta la comunità cristiana e tirare conseguenze per i programmi.
E’ impensabile che nella dinamica della serietà si proceda senza opzioni di base su valori e concezioni di vita. Coloro che si presentano come “neutrali”, “equidistanti” o con proposte puramente “funzionali”, o non hanno raggiunto coscienza delle ispirazioni che stanno alla base, o non vogliono scoprire il loro gioco. In nessuno di questi atteggiamenti noi vogliamo ritrovarci.
3. Incarnazione culturale
“L’azione salesiana si caratterizza per un’incarnazione nella area culturale…” (A.C.S. 290,4.1). Questa è una scelta più qualificante e caratterizzante della precedente che è comune a tutta la comunità cristiana e alle sue ramificazioni.
Collocarsi nell’area culturale vuol dire non soltanto guardare con interesse i fatti, i fenomeni attraverso i quali si elabora la cultura, ma agire al suo interno e lavorare con la dinamica che le è propria. E non secondo considerazioni teoriche riguardo alla cultura in se stessa, ma secondo la modalità concreta che una società offre.
“Con il termine ‘cultura’ si vogliono indicare tutti quei mezzi con cui l’uomo affina ed esplica le molteplici sue doti di anima e di corpo; cerca di ridurre in suo potere il cosmo stesso con la conoscenza e il lavoro; rende più umana la vita sociale, sia nella famiglia che in tutta la società civile, mediante il progresso del costume e delle istituzioni” (A.C.S. 58).
Questo processo si presenta oggi come un fenomeno di “massa” (cfr. G.S. 54), sebbene ci sia il problema del collegamento attivo tra questa “massa” e la sempre più profonda e complessa elaborazione culturale dei “criteri” di influsso e irradiazione (cfr. G.S. 56); si presenta come un fenomeno “pluralistico”: non soltanto nel senso che ci sono diverse culture nelle diverse aree geografiche (cfr. G.S. 53), ma anche nel senso che una cultura fa spazio a diverse scelte di valore e si elabora dunque in un contesto di libero confronto (cfr. G.S. 56); è informato dalla conoscenza scientifica (cfr. G.S. 54)
La prima caratteristica suggerisce il raggio di azione: la cultura è un bene per tutti, da tutti e di tutti; non da e di circoli ridotti. La seconda caratteristica sottolinea che si elabora “in libertà” (cfr. G.S. 59), poiché la “coscienza” non è la superstruttura, ma la sua radice. La terza caratteristica chiarisce le condizioni e la modalità odierna di elaborazione.
Da un punto di vista storico va notato che Don Bosco scelse le “attività di tempo libero”, le scuole umanistiche e di lavoro, la stampa ed altre esperienze non identificabili come “religiose” nella loro materialità e nella loro finalità. Il suo progetto o sistema, dice il CG21, non era solo catechesi, così come non era soltanto cultura; e nemmeno le due realtà giustapposte, ma “una ricca sintesi di processi di promozione umana e di annuncio evangelico” (CG21 80).
Incarnarsi non significa mettersi addosso un vestito, ma prendere il corpo e l’anima e cioè tutta la possibilità di azione, di riflessione e di esistenza.
Nel progetto salesiano l’incarnazione culturale porta ad una attenzione costante alla condizione dei giovani, perché “l’evangelizzazione passa anche e sempre più attraverso l’analisi delle situazioni di vita che incidono sulla personalità giovanile” (CG21, 20).
Porta anche ad una valutazione positiva e religiosa della “competenza professionale”; porta anche ad una stima per le istituzioni e attività culturali, siano esse legate a denominazioni confessionali, o preferiscono attuare in base ad altre definizioni legittime; spinge ad un approccio fiducioso alle conclusioni delle scienze dell’uomo e soprattutto porta ad una scelta dei fenomeni della cultura come “luogo”, “linguaggio” ed “esperienza umana” attraverso la quale la salvezza si fa comprensibile. “Il Vangelo viene proposto così in un modo strettamente unito all’esistenza concreta… e inserito armonicamente nei processi di crescita della personalità e dell’umanizzazione. Non come qualcosa che genera obblighi od osservanze legali, ma come un dono e un’energia che incorpora tutta l’esistenza e tutta la storia del Mistero di Cristo” (A.C.S. n. 290).
4. Scelta educativa
La cultura è una realtà complessa. Sono molti i “beni” che compongono la cultura. Sono molti i “mezzi” attraverso cui la si può sviluppare. Sono dunque, diverse e complesse le possibilità d’intervento e le collocazioni nell’area culturale.
Il progetto salesiano sceglie la modalità educativa e su di essa concentra sforzi, qualificazione e mezzi. Questo positivamente significa che al centro del progetto c’è “la persona vista nella totalità delle sue dimensioni e nell’unità del suo dinamismo esistenziale”.
Parlando della cultura, che non è una realtà soltanto “personale” ma anche sociologica ed etnologica, siamo tentati di rivolgere il pensiero a strutture, beni obiettivi, processi di inserimento in una società e assimilazione di un “patrimonio”. La scelta educativa si riferisce invece direttamente alla crescita della persona in quanto tale, e tutto l’altro come “mezzo”.
Le diverse dimensioni della cultura, nell’attività formalmente educativa, si rielaborano attraverso processi “personali”, diventano “esperienze”, in cui la persona cresce, si arricchisce, unifica la sua sintesi attorno a “centri” di illuminazione e di motivazioni.
La scelta educativa comporta, dunque, una particolare attenzione all’originalità della persona su tutti gli altri elementi e richieste, ai processi di crescita dell’identità e dell’autonomia.
La scelta educativa comporta assumere interventi di altro tipo soltanto nella misura in cui incidono su questo aspetto. Poiché la cultura è una realtà dinamica si sa che le sue diverse dimensioni si condizionano e si modificano. Gli elementi che governano i dinamismi della società possono ostacolare e perfino impedire la crescita dei valori nella persona. L’intervento “politico” in senso stretto sulle strutture, sull’area di potere è indispensabile. Però la “scelta educativa” informa delle sue finalità, far crescere la persona, e del suo stile questi interventi.
Qualunque siano le attività mediatrici, artistiche, ricreative, religiose, sociali, vogliamo aiutare i giovani a camminare verso
– una retta percezione dei valori,
– un rapporto sereno e positivo con le persone e le cose che riduca conflittualità e tensioni,
– una maturazione affettivo-sessuale che renda capace di donazione e di incontro,
– una graduale maturazione alla libertà, alla capacità di decisioni coerenti, all’assunzione di responsabilità e alla creatività,
– una progettazione del proprio futuro per liberare e convogliare il potenziale di cui ogni giovane è portatore verso una scelta vocazionale.
La persona ha anche una dimensione sociale. L’educazione, che non ha come finalità diretta la riforma della società, mira però anche alla formazione sociale della persona. Noi intendiamo, dunque, coltivare atteggiamenti di solidarietà e dialogo, e stimolare all’impegno per la giustizia e per una società a misura d’uomo.
5. Il campo di lavoro
C’è un altro elemento che situa con precisione il progetto educativo pastorale dei salesiani: il campo del lavoro: i Giovani, “specialmente i più poveri e il ceto popolare”.
La formula contiene indicazioni operative. In primo luogo muovere verso il “più grande numero”, verso la massa e non verso élites particolarmente colte o particolarmente interessate.
In secondo luogo i giovani che sono i principali destinatari sono visti non come una “classe” distaccata, ma portando avanti la loro crescita in una interazione costante con gli adulti e con quelli che li seguono. Nella scelta dei salesiani una iniziativa “giovanile” non è separazione dei giovani, ma punto di riunione e di incontro di svariate componenti della comunità attorno ad un ideale valido che si affida alla capacità creatrice dei giovani e all’esperienza educativa degli adulti.
In terzo luogo i giovani e il ceto popolare sono un punto privilegiato di osservazione e di rilevamento della realtà. Collocarsi tra i giovani indica una prospettiva: vuol dire guardare i fenomeni che sorgono dalle nuove generazioni o che condizionano la loro vita; guardare con i loro occhi per poter fare con loro una strada insieme.
6. Criteri di azione
Il metodo con cui portiamo avanti gli interventi è stato chiamato “preventivo”. Oggi molti si chiedono se il termine esprime ancora un contenuto così totalizzante da “definire” il metodo. Il significato reale è legato ad un’esperienza storica più che al vocabolo in sé. La preventività oggi esprime le seguenti istanze:
* Scegliamo di far crescere le persone attraverso proposte che indirizzino tutto il loro potenziale e risorse ad esperienze positive di bene, in modo da prevenire esperienze deformanti” (CG21 87).
* Cerchiamo di preparare i giovani per i loro futuro, anticipando i tempi in profondità, mediante lo sviluppo di quegli atteggiamenti che permetteranno loro di superare positivamente i rischi e le situazioni.
* Perciò vogliamo aiutarli a cogliere il significato della loro giovinezza e a viverne in pienezza le aspirazioni, i dinamismi e le spinte da protagonisti e gestori intelligenti.
Ci appelliamo e ci rivolgiamo, dunque, alle forze interiori più profonde che il giovane porta con sé: la ragione, l’affetto, il desiderio dell’Assoluto e cerchiamo di costruire la persona da questo nucleo piuttosto che da condizionamenti o costrizioni esterne.
Per svegliare e sviluppare questo nucleo personale il progetto educativo punta metodologicamente su tre elementi:
– L’ambiente educativo, formato dallo spazio di creatività, libertà e partecipazione cordiale, dal clima che emerge dai rapporti interpersonali, dal tono d’impegno e da una convergenza di attività e di proposte che rispondono agli svariati interessi e alla domanda dei giovani.
– Il rapporto personale. La nostra azione non si basa soltanto su proposte collettive, ma riconosce il carattere unico e la storia “singolare” di ciascuno. La scelta educativa guarda alla persona più che alla promozione di una particolare attività. Non facciamo cinema, facciamo educazione attraverso il cinema. Attorno ad una attività si fa convergere l’esperienza totale, specialmente perché attorno a quell’interesse si fa “amicizia costruttiva”.
– La presenza animatrice degli adulti tra i giovani. I tratti caratteristici dello stile salesiano si appoggiano sulla presenza-convivenza degli educatori tra i giovani. Essi partecipano alla vita dei giovani, animano le loro iniziative, offrono elementi di maturazione e aprono costantemente ad una visione matura e integrata dell’esistenza.
7. Dimensione dell’azione
E’ evidente da tutto questo discorso che le caratteristiche dell’intervento per favorire un’attività che risponde ad un interesse giovanile e culturale non derivano soltanto dalle leggi che regolano quell’attività, ma anche dalla visuale considerazione generale della persona e del suo sviluppo. Per questo dalle scelte indicate chiaramente emergono alcuni obiettivi generali o aspetti su cui si devono concentrare sforzi e iniziative. E cioè:
* La formazione di una comunità di persone, internamente animata dal punto di vista cristiano e culturale, che risponde alle diverse esigenze dei giovani, coinvolgendoli attraverso la partecipazione.
* L’articolazione di una proposta culturale che liberi le possibilità creative della persona e favorisca l’inserimento critico nella cultura.
* L’offerta esplicita di una proposta di approfondimento della fede in clima di libertà e secondo una sana pedagogia.
* Un’assistenza o servizio che orienti e accompagni i giovani nella scoperta e realizzazione del proprio progetto di vita.
* La partecipazione ad esperienze di gruppo che sviluppi nei giovani la capacità di aprirsi agli altri, abiliti al lavoro in collaborazione e svegli la coscienza delle loro responsabilità.
Su ciascuno di questi aspetti ci sono orientamenti ideali da precisare, obiettivi da concretare, una situazione odierna da interpretare, linee d’intervento da scegliere con i relativi contenuti illuminati, e ruoli per assicurare il funzionamento.
La riflessione approfondita di ciascuno di questi aspetti dilungherebbe il discorso oltre i limiti consentiti; la menzione sintetica di essi era necessaria per collocare i CGS nel progetto educativo salesiano, secondo la richiesta contenuta nel titolo di questo intervento.
8. I Cinecircoli Giovanili Socioculturali
Non ci soffermiamo ad approfondire tutti i tratti che, stando allo Statuto e alla letteratura dell’Associazione, costituiscono la identità dei Cinecircoli. Attraverso alcuni di questi tratti si percepiscono con chiarezza e facilità le coincidenze di base col Progetto Educativo e Pastorale Salesiano. E cioè il fatto di essere una proposta indirizzata ai giovani, di ispirazione cristiana, che coinvolge gli adulti nel discorso giovanile, che fa proprio il sistema di Don Bosco.
Consideriamo invece soltanto quei tratti attraverso i quali si vede il contributo originale e arricchente di questa proposta all’insieme del Progetto. Mi riferisco particolarmente a:
– Il contenuto “culturale” proprio di questa proposta e cioè “l’attività critica e creativa oltre che nell’ambito del cinema e dell’educazione iconica, anche in quello della radio, TV, teatro, espressione drammatica, stampa quotidiana e periodica” (Statuto 3.4).
– Il fatto di usufruire di uno “spazio” legale e di proporsi non soltanto un servizio agli aderenti, ma un “dialogo” di confronto sulla cultura in elaborazione, difendendo le espressioni socioculturali dei giovani e la loro partecipazione alla vita del Paese (Statuto 2.).
Il primo ci pone una serie di interrogativi sul come percorrere le strade dell’umanizzazione attraverso questo materiale di cultura e come annunciare il Vangelo in questo tipo di esperienza educativa. Il secondo ci rimanda alla particolare dinamica associativa, aperta ma con identità ben definita.
9. La proposta “culturale”
Da tempo e non senza ragione la Comunicazione Sociale è guardata come una realtà ambivalente. Da una parte diffonde rapidamente informazioni e criteri fino a costituire una “scuola alternativa” (cfr. I.M. 1); richiama l’attenzione sulle attese e sui problemi della umanità (C.P. 6); collega gli uomini creando condizioni necessarie alla mutua comprensione e costruendo la solidarietà tra i lontani (C.P. 20); diffonde un linguaggio nuovo, dando origine a nuove esperienze artistiche; offre ampia possibilità d’impiego piacevole del tempo libero (C.P. 148).
D’altra parte sul suo conto si sono scaricate pesanti accuse: l’influsso alienante per cui si assumono comportamenti e bisogni per induzione e ci si allontana dall’interiorità per vivere in forza di criteri e stimoli esterni; la manipolazione psicologica e mentale delle persone nelle quali favorisce la passività, facendole diventare consumatori di immagini e d’informazioni; persino una certa violenza sulla mentalità, dato il “dominio smisurato che lo strumento tecnico tende ad esercitare sulla persona umana. Sotto la pressione di un dirigismo nel campo delle informazioni l’azione congiunta degli strumenti della comunicazione sociale riesce ormai a foggiare la coscienza all’insaputa dell’individuo, invade a poco a poco tutta l’attività mentale e determina atteggiamenti che vengono considerati spontanei” (CGS20, 444).
Qualunque siano i pregi e qualunque le accuse, una cosa è assolutamente riconosciuta da tutti: la Comunicazione Sociale ha un ruolo decisivo nella dialettica culturale odierna, fino a costituire “il nuovo aspetto” della cultura (C.P. 53) ed essere una presenza “educativa” di massa, cioè luogo di elaborazione e di irradiazione.
“Va aggiunto – afferma il CG21 dei Salesiani – che attualmente la Comunicazione Sociale… ha assunto ed esercita un ruolo decisivo nella dialettica culturale, nella vita sociale e nel costume”. “Diventa sempre più una presenza educativa e creatrice di cultura. Attraverso essa vengono elaborate e diffuse le evidenze collettive che stanno alla base dei nuovi modelli di vita e dei nuovi criteri di giudizio. La sua efficacia incisiva e la sua presenza sempre più massiccia fanno della Comunicazione Sociale una vera e autentica scuola alternativa” (CG21, 148).
E’ riconosciuto anche che i principali destinatari di un numero non piccolo di messaggi e “prodotti” sono i giovani.
Il Progetto Educativo e Pastorale Salesiano ha dedicato attenzione permanente a questo aspetto almeno a livello di espressione di desideri e direttive. Nella memoria salesiana si conservano le idee e le realizzazioni di Don Bosco in tre campi: la stampa, il teatro giovanile, la musica. L’azione di Don Bosco specialmente in ciò che riguarda il teatro e la musica, ha premuto sulla creatività, anziché sulla ricettività dei giovani. E questo costituisce un’indicazione educativa e una premessa culturale, specialmente quando in certi settori della Comunicazione prevalgono il criterio commerciale o di semplice svago e consumo (cfr. CG21, 149).
Il Capitolo Generale XIX raccomandava secondo la possibilità del tempo che “in ossequio a quanto dice il Decreto Conciliare si mantenga viva l’antica e nobile arte del teatro, la si coltivi e la si sviluppi dovunque è possibile, con ferma fiducia nei suoi alti valori educativi e pastorali. Allo stesso modo si curino sussidi per l’educazione musicale e il canto, nelle varie forme tradizionali e moderne. I Salesiani si sforzino di svolgere un efficace apostolato cinematografico procurando proiezioni adatte ai gruppi familiari e alle diverse categorie di persone, in primo luogo ai giovani; svolgendo opera d’informazione e di formazione, mediante dibattiti su pellicole varie moralmente e culturalmente, giornate cinematografiche, presentazione e commenti dei programmi che si danno nelle nostre sale…” (CG19, cap. II, nn. 2 e 3).
Il Capitolo Generale Speciale XX diede indicazioni per la formazione generale e specializzata dei Salesiani, individuò nell’educazione il nostro spazio d’intervento e persino indicò gli obiettivi di quest’azione educativa:
– liberare dai condizionamenti negativi,
– avviare a scelte coscienti,
– creare atteggiamenti reattivi, cioè in senso critico sia estetico che morale,
– sviluppare il senso creativo.
Lo stesso CG20 apre un altro orizzonte di azione quando dice che i membri della Famiglia Salesiana “anche in associazioni dovranno animare i valori umani e cristiani della Comunicazione Sociale perché rispondano alle grandi attese dell’umanità e ai disegni di Dio” (CGS20, 459).
Il CG21 ci ricorda che “l’audiovisivo, l’espressione drammatica, la creatività… la musica e il canto non vanno considerati come attività complementari e sussidiarie, da usarsi solo occasionalmente. Essi costituiscono un vero linguaggio che non può essere trascurato né sottovalutato nel dialogo educativo con i giovani delle nuove generazioni, per i quali queste forme di comunicazione sembrano particolarmente congeniali” (CG21, 152).
La Comunicazione Sociale è dunque un fatto di vita dei giovani come lo è il lavoro, lo svago, la qualificazione. Il problema consiste nel come farlo diventare “esperienza educativa integrale” e fattore di crescita in umanità a livello personale e sociale. I Salesiani guardano verso questo fenomeno e vogliono avere una presenza e un progetto.
La “crescita in umanità” si raggiunge:
– Personalizzando, cioè facendo in modo che i fatti che ci prendono collettivamente siano vissuti a livello di coscienza e consapevolezza e la persona li giudichi e li ridimensioni dalla sua storia e dal quadro dei valori scelti. Questo porterà a non subire i messaggi come un “potere” o dei mezzi o dei gestori o delle stesse idee travasate, ma considerarli come interlocutori. Chi non sa parlare o non possiede le parole con cui si esprimono i dominatori, sarà sempre dipendente.
Questa osservazione cara a Freire e chiosata da Don Milani, è particolarmente reale nel campo della Comunicazione Sociale e dell’autoespressione. Il processo di personalizzazione comincia con la comprensione e uso del linguaggio. Il giovane o l’adulto che non impara questo è “analfabeta” nella cultura odierna, prigioniero dei “messaggi” cifrati e nascosti e delle immagini.
– Occorre poi procedere attraverso “esperienze” educative. Cioè ci si propone di offrire ai giovani la possibilità di sviluppare e maturare la propria cultura attraverso il contatto attivo con la realtà e i beni della cultura oggettiva, ma non per un’operazione di “assimilazione”, “trasmissione”, o “travasamento”. Lo sforzo di educazione consisterà nel favorire il dinamismo delle scoperte e nell’esplicitare il senso delle certezze vissute.
Se la personalizzazione ci riporta allo sviluppo del senso critico e valutativo, quest’altro criterio ci riporta al principio della creatività e dell’autoespressione. La cultura in una persona ha raggiunto un livello accettabile quando può essere ricreata da questa persona. Si dice che cultura è quello che rimane quando noi dimentichiamo tutti i “dati” imparati; cioè potenza interiore di percezione in profondità delle realtà a cui i dati e i mezzi ci introducono, capacità di unione, sintonia con essa, percezione dei grandi valori, delle grandi tentazioni, e anche delle falsità.
Ha applicazione anche in questo campo il criterio indicato documento sulla Scuola Cattolica: “L’incontro vivo e vitale, dice, con il patrimonio culturale… deve avvenire sotto forma di elaborazione, cioè di confronto e di inserimento dei valori perenni nel contesto attuale… Se non si assolve questo compito e al contrario si offrono delle elaborazioni prefabbricate, si pongono degli ostacoli allo sviluppo della personalità” (La Scuola Cattolica, 27).
Apprendere e ricreare! Questo che vedo abbondantemente auspicato nella letteratura dei C.G.S. non è senza difficoltà, particolarmente quando dal campo dell’autoespressione semplice (teatro-audioviso) si passa agli strumenti che hanno fatto di noi “una società di spettatori”. Ed è un problema educativo sempre aperto alla soluzione del quale giovano apporti teorici ed esperienze concrete.
– Una proposta culturale richiede poi che si educhi “socializzando”. La socializzazione è una modalità di “essere con gli altri”, di “imparare con gli altri”, di raggiungere traguardi con gli altri, di vivere convinzioni e valori con gli altri. Mai in educazione il solo contenuto nozionale costituisce un fatto educativo e di crescita. E non sarà l’erudizione sulla Comunicazione Sociale o sull’arte espressiva ciò che si può offrire come proposta educativa. E’ invece l’esperienza del rapporto umano, della ricerca comune, la consapevolezza che l’umanità elabora assieme la sua storia, che la comunicazione è un servizio sociale, ciò che dà ad un contenuto la capacità di far crescere in umanità. Impostiamo dunque la nostra proposta come un vero lavoro di collaborazione, e una fruttuosa esperienza sociale, che crei atteggiamenti e capacità di convivenza e partecipazione e abiliti alle valutazioni e all’intervento.
– Finalmente occorre curare l’unità dell’azione educativa e del soggetto. Gli interventi e le proposte devono trovare la loro convergenza attraverso una chiara finalizzazione. Bisogna superare la mentalità del “trattenimento”, o anche degli “spunti educativi” occasionali. L’educazione che prende come punto di coagulo la comunicazione e la espressione artistica deve aiutare il formarsi nei giovani di una personalità unitaria, in cui gli aspetti si fondono fortificandosi a vicenda, e armonica per cui le dimensioni e aspirazioni vengono gerarchizzate secondo il valore proprio.
Due sono, dunque, le domande che si pongono con urgenza nella attività educativa dei Cinecircoli: come i valori che si sottolineano nella loro proposta specifica hanno continuità fuori di questi momenti, nella vita quotidiana dei giovani; e come la vita quotidiana è riciclata, ripensata e unificata a un livello di maggiore profondità nelle proposte di espressione artistica e di comunicazione sociale. Questo è possibile e non mancano spunti ed esperienze nell’Associazione. Forse bisogna riuscire a farlo diventare prassi normale.
La proposta educativo-culturale prende avvio, si sostanzia attorno a un “luogo di concentrazione” culturale, un fatto di vita dei giovani e si sviluppa attraverso processi di comprensione materiale, di demitificazione, di liberazione e critica, di creazione, di esperienza sociale e di azione socio-politica.
10. Evangelizzazione nella Comunicazione Sociale
Evangelizzare i giovani è la prima e fondamentale finalità della nostra missione. “Ogni nostra attività comunitaria e personale troverà la sua giustificazione soltanto se indirizzata, organizzata e realizzata in vista della evangelizzazione” (CG21 9.140.164.120).
Il Capitolo Generale, quando stabilisce le grandi prospettive del Progetto Educativo Salesiano, ne enumera due: una proposta unitaria e differenziata di sviluppo integrale, un progetto positivamente orientato a Cristo (cfr. CG21 81-90; 91-95).
Quest’affermazione suscita delle domande: che significa evangelizzare, e come si evangelizza la Comunicazione Sociale o l’autoespressione? Come si evangelizzano i giovani nei fatti di vita che queste realtà implicano?
La riflessione maturata in questi ultimi tempi sembra aver liquidato un certo tipo di pseudo-rapporto tra un’attività umana valida e l’annuncio evangelico: mi riferisco al rapporto “funzionale” per cui si propone un’attività che piace ai giovani come momento di passaggio per poi evangelizzarli; mi riferisco anche al rapporto di contatto “esterno” per cui “si benedice”, o si “prega prima e dopo” quella data attività o anche indipendentemente dalle leggi e dinamiche che le sono proprie, si giustappongono considerazioni di tipo religioso.
Penso che sia anche superata, almeno a livello di pensiero, la “riduzione” (la visione riduttiva) per cui una proposta culturale, se degna e sincera, sarebbe già per questo fatto cristiana, anche se non lo è tematicamente. Per coloro che la pensano così – è stato detto recentemente – nella proposta culturale “si conclude la missione salesiana e ci si rifiuta di progettare altri interventi più esplicitamente evangelizzatori”.
D’altra parte l’Evangelii Nuntiandi ha liquidato anche la riduzione nell’altro senso, il voler ridurre cioè l’evangelizzazione all’annuncio puro e rigidamente tematizzato di Gesù Cristo, senza includervi gli itinerari e le mediazioni umane. “Coloro che si riconoscono in questo modello sono contrari ad ogni intervento nell’ambito educativo, sociale e politico…, questi compiti sono profani e vanno lasciati ad altri”, come pure è stato detto di recente.
La proposta educativo-culturale non sostituisce l’annuncio di Cristo e allo stesso tempo non è con essa senza rapporto o in qualche rapporto arbitrario.
Il Capitolo Generale XXI dei Salesiani parla di una continuità tra maturazione e promozione dei valori più specificatamente umani e la direzione propriamente religiosa e cristiana: “Le due linee non sono di per sé cronologicamente successive né tanto meno divergenti, ma toccano due aspetti essenziali dell’unica vocazione dell’uomo qual è nel progetto di Dio” (CG21 92).
L’Evangelii Nuntiandi dopo aver sottolineato la complessità del fenomeno “evangelizzazione” aggiunge che è vera evangelizzazione “allorquando, in virtù della sola potenza divina del messaggio che essa proclama, cerca di convertire la coscienza personale e insieme collettiva degli uomini, l’attività nella quale essi sono impegnati, la vita e l’ambiente concreto loro propri” (E.N. 18).
Quale sarà l’itinerario di evangelizzazione in una esperienza di comunicazione sociale e di autoespressione?
* Liberare innanzitutto comunicazione sociale e autoespressione da ogni forza alienante, guidare alla scoperta di interessi ed egoismi che lanciano il messaggio e la comunicazione sulle vie della strumentalizzazione. Affermare, non con molte parole ma con la prassi educativa, il loro carattere di beni subalterni rispetto alla persona e alla sua vocazione; formare così uomini liberi.
* Scoprire la funzione dell’immagine e della creazione artistica nella “salvezza” dell’uomo. La “salvezza come la intendono i cristiani è radicata in una certa concezione dell’uomo stesso, un’antropologia (cfr. E.N. 33). Sebbene comporta un messaggio esplicito sui diritti e sui doveri di ogni persona umana… sulla vita comune della società, sulla vita internazionale, la fame, la giustizia, lo sviluppo” (E.N. 29), non si limita a queste dimensioni. Si qualifica per aggiungere delle prospettive e per il fatto che contempla tutte le dimensioni da una prospettiva originale. Come aprire a questi orizzonti attraverso la comunicazione e l’autoespressione?
* Accogliere e sollevare domande di senso, accogliere in generale la domanda religiosa che la vita pone ai giovani, e guidarli attraverso l’incontro personale, le attività di gruppo proprie dell’associazione a una delucidazione “evangelica”.
* Annunciare ed esprimere esplicitamente, attraverso l’immagine e l’espressione, Gesù Cristo, la sua sofferenza nell’uomo, il suo messaggio di salvezza, la riconciliazione portata da Lui, l’amore universale, il destino eterno dell’uomo e l’incontro col Padre.
* Fare, con coloro che sono disponibili, le esperienze tipiche della vita cristiana: l’esperienza della Parola di Dio che illumina situazioni e apre nuovi orizzonti, l’esperienza dell’incontro con Cristo attraverso la vita sacramentale, l’esperienza di Chiesa, facendo diventare i gruppi di lavoro vere comunità cristiane.
Il Progetto Educativo Pastorale Salesiano, mantenendo chiaro l’obiettivo, consacra la pluralità delle vie concrete: “Il Progetto offre in un clima di libertà, una pluralità di proposte. Evitiamo forzature di ritmi e di tempi, ma non vogliamo passare invano i tempi della grazia e della salvezza”.
Allo stesso tempo fa vedere che questa pluralità è adeguamento pedagogico alle diverse situazioni dei singoli: “fondamentale importanza acquista per noi la franchezza di una proposta cristiana, seppure commisurata alla diversità di età, di livello culturale e spirituale, di capacità di ascolto e di accettazione” (CG21 101).
Prendiamo dunque l’iniziativa dell’annuncio e presentiamo a tutti il Vangelo come una proposta “personale”. Cerchiamo di partire dal punto in cui si trova la fede di ciascuno e diventiamo mediatori di un messaggio che raggiunge ogni persona nella sua singolarità. C’è da pensare che più che programmi “istituzionali”, ci sono indicazioni di vie e soprattutto una tensione costante negli animatori che adeguano le proposte alle possibilità dei singoli e dei gruppi.
Questa linea evangelizzatrice richiede convergenza negli animatori e soprattutto una riflessione continua sui punti attorno ai quali può ruotare il rinnovamento di una proposta di maturazione cristiana secondo le possibilità dell’associazione.
11. L’esperienza associativo-comunitaria
In tutte le nostre opere e attività tendiamo a realizzare la comunità educativo-pastorale. Consideriamo questo, oltre che esigenza di Chiesa ed elemento decisivo per l’evangelizzazione (cfr. E.N. 21; CG21 46.62.65), anche condizione necessaria per un’azione educativa (cfr. Cost. 34) e caratteristica dello stile salesiano che richiede clima di partecipazione e associa in un’unica esperienza dinamica educatori e giovani (cfr. CG21 96).
Ci sembra di conoscere alcuni fenomeni che danno alla Comunità Educativa oggi un ritmo e una dinamica diversi rispetto ad altri tempi: tali sono il pluralismo di opzioni personali accettato come fatto sociale, come tratto delle culture e come diritto; I’autonomia del temporale per cui l’attività culturale può essere separata da concezioni religiose obbliganti e si basa sulla competenza professionale e su una certa convergenza su valori condivisi; la mobilità delle norme e delle strutture che hanno bisogno di ripensamento e adeguamento costanti.
Concepiamo quindi il formarsi e il progredire della comunità come un fatto di crescita e con possibilità di collaborazione a vari livelli.
Mantenendo sempre la chiarezza del progetto, nella sua ispirazione, organicità e coerenza e il suo influsso reale sulle programmazioni educative, cerchiamo di stabilire una collaborazione piena fra tutti coloro che condividono la scelta cristiana e cerchiamo una conveniente integrazione nella comunità educativa anche di coloro che non partecipano della stessa scelta cristiana, ma rispettano il carattere particolare del nostro progetto e aderiscono ai valori umani e alla sensibilità educativa che il metodo salesiano esige.
In seno alla comunità-associazione, gli animatori hanno un ruolo particolare. Per essi sono importanti:
– la coscienza della missione comune,
– un quadro di riferimento condiviso,
– un costante riferimento ad esso, approfondito e confrontato con la prassi,
– intensi rapporti vicendevoli,
– corresponsabilità,
– comunicazione frequente.
Lo spazio legale di cui usufruiscono i Cinecircoli Giovanili Socioculturali offre alla loro esperienza associativo-comunitaria nuove forme e possibilità. Nei “centri” dove si sviluppano altre attività giovanili, il Cinecircolo non soltanto usufruisce di una “sede” per le proprie iniziative, ma partecipa pienamente alla vita del centro. In questo senso arricchisce il centro locale con il suo apporto culturale e con la sua corresponsabilità alla gestione totale.
D’altra parte i Cinecircoli si rivolgono al quartiere al cui servizio vogliono mettersi, passando così dalla dimensione educativo-culturale all’azione socio-politica compatibile con la loro scelta.
Ma siccome lo “spazio legale” tende ad una dinamica culturale anche di confronto tra diverse concezioni e itinerari, i Cinecircoli hanno la possibilità di partecipare alla elaborazione di norme e strutture che regolano la cultura giovanile e di stabilire collaborazioni, contatti e confronti con associazioni della stessa o di altre matrici ideologiche.
Questo aspetto comporta un’autentica esperienza vitale del tipo di società in cui siamo inseriti e dei suoi dinamismi e prepara l’”onesto cittadino”. Il cittadino cioè che ha capacità di scelta, e allo stesso tempo capacità di rispettoso ed energico confronto con le scelte altrui.
Il giovane viene inserito nei fatti culturali del suo tempo in modo cosciente e responsabile, con atteggiamento creativo, fino a diventarne protagonista e interprete.
C’è una dinamica dell’associazione da assicurare e questo è il compito dei vertici dell’associazione stessa, mentre i programmi dei singoli gruppi vanno inseriti nella vita della comunità locale e nei progetti dei centri di aggregazione giovanile esistenti nel territorio.
12. Conclusione
Mentre meditavo il tema propostomi e pensavo alla giusta prospettiva delle questioni che implica e al taglio da dare all’esposizione, mi ponevo pure alcune domande. Erano interrogativi emergenti dalla stessa realtà dei Cinecircoli Giovanili Socioculturali nel Progetto Educativo Salesiano:
* Possono i C.G.S. entrare, essere inseriti nel Progetto Educativo Salesiano?
La risposta mi è sembrata così evidente da rendere persino superflua la questione. E’ tale la rilevanza della comunicazione sociale e dell’espressione nella cultura e nella vita dei giovani, sono tanti almeno i “testi” ufficiali che premono nella direzione di iniziative in questa area ed è così positiva l’esperienza fatta, che lo stesso interrogativo sembra trovare una risposta, prima ancora di porsi. Ma suggerisce subito una domanda ulteriore.
* Che arricchimento originale apportano i Cinecircoli al Progetto Educativo Salesiano?
Lo sviluppo di una dimensione della cultura non presa in considerazione da altre proposte e un’esperienza associativa che può raggiungere la massa, si inserisce nel vivo degli interessi giovanili e si propone di “partecipare” all’elaborazione culturale.
* A quali condizioni i C.G.S. sono inseriti nel Progetto Educativo Salesiano?
A condizione che il progetto d’intervento, senza perdere la sua originalità e le caratteristiche dei suoi contenuti, sappia concretizzare l’attuazione delle dimensioni del Progetto, cioè una proposta educativa, una tensione evangelizzatrice, un’esperienza associativo-comunitaria e un servizio di orientamento vocazionale del giovane.
* Che spazi si possono indicare al C.G.S. nel Progetto Educativo Pastorale Salesiano?
– Una presenza e collaborazione originale nei centri gestiti dalla Congregazione e ove si propongono e portano avanti altre attività che articolano lo stesso progetto.
– Una collaborazione a centri gestiti da altri con affinità di obiettivi generali.
– Una partecipazione, a norme del Progetto, e come sua manifestazione agli organismi e nelle sedi dove si elaborano norme e direttive o si maturano riflessioni e proposte per la dinamica culturale.
* E’ di fatto il progetto settoriale dei C.G.S. in consonanza con il Progetto Educativo Pastorale Salesiano?
Rileggendo la letteratura dell’Associazione ho trovato una serie di intuizioni e indirizzi validi e diversamente approfonditi. Ho ripensato attentamente allo Statuto e a varie considerazioni e proposte. Credo che il Progetto settoriale vero e proprio nel suo insieme sia ancora da farsi, soprattutto se per progetto si intende un quadro ideale di riferimento con cui confrontare la prassi, fissare obiettivi raggiungibili, programmare iniziative conformi alle opportunità, optare per una dinamica associativa e darsi i giusti ruoli capaci di assicurare il funzionamento del tutto.
Per raggiungere il traguardo di un progetto elaborato e attuato sono punti “strategici” e, dunque, da privilegiare:
* La formazione degli animatori e la loro comunicazione costante: la formazione nella linea della professionalità, della libera maturazione cristiana e delle caratteristiche della Associazione. E’ attraverso la loro riflessione sulla prassi e il rimando costante di questa a un quadro di valori condivisi che si può arrivare alla chiarezza della linea operativa.
* La disponibilità di un gruppo di studio che appronti con serietà interdisciplinare le modalità di analisi e la soluzione dei problemi che sorgono. Sarebbe una contraddizione voler operare nel senso della cultura, anche a raggio limitato e nel mondo giovanile, soltanto in maniera pragmatica e con preoccupazione quantitativa.
Il nostro intervento deve imporsi per la qualità nell’ambito della sua specificità. Nel settore dell’educazione alla Comunicazione Sociale e all’autoespressione sorgono fenomeni e criteri nuovi sui quali un’Associazione deve essere capace di pronunciarsi in maniera consapevole davanti ai suoi aderenti, e di fronte agli altri organismi che operano nel settore.
Il titolo del mio intervento contiene, forse, altre questioni, pone altri interrogativi. Se però intanto riusciremo a risolvere operativamente i problemi posti dagli interrogativi di oggi, penso avremo svolto un lavoro notevole.